Nel corso degli anni è risultato impossibile inserirlo all’interno di un genere o assegnargli una semplice etichetta, e quindi il suo lavoro è stato semplicemente definito “artista” dal momento che è riuscito a godere della sua musica senza tempo, del suo cinema e della sua pittura. Nella sua lunghissima carriera ha consegnato brani indimenticabili come La cura, Centro di gravità permanente, Voglio vederti danzare.
Pensando alla morte affermava: “Non esiste, è solo trasformazione”.
Spaziando tra generi diversissimi tra loro, dalla musica pop a quella colta, toccando momenti di avanguardia e raggiungendo una grande popolarità, Franco Battiato ha sperimentato l’elettronica e si è misurato con la musica etnica e con l’opera lirica. Ha diretto anche diversi film tra cui Perdutoamor e Musikante su Ludwig van Beethoven presentato alla Mostra del cinema di Venezia.
Il paese di Fano (Pesaro Urbino), ha mostrato una particolare commozione per la morte del cantautore, essendo la città dove l’artista diresse il festival ‘Il violino e la selce’ dal 1996 al 1999. Franco Battiato ha dato vita ad edizioni di generi che spaziavano dal rock, elettronica, cantautorato e sperimentazione, collaborando con molti grandi nomi come Bjork, Michael Nyman, Ryuichi Sakamoto, Paolo Conte, i Coldplay, i Simple Minds, Khaled, Lou Reed, Alanis Morrissette, Laurie Anderson e Nick Cave.
Nel 1991, con l’uscita di Come un cammello in una grondaia, trasmise una sensazione di appagamento interiore, di soddisfazione artistica. Nel disco c’era uno strano pezzo intitolato L’ombra della luce, una mini-sinfonia di 4 minuti che sprigionava una calma e trasognata serenità, come ad un frammento di assoluto. Il pezzo aveva qualcosa di misterioso, come fosse dovuto a logiche poco attinenti al mondo della canzone. Confessò infatti che gli aveva attraversato la mente mentre era assorto in meditazione. E in questo modo fu possibile comprendere il suo essere: si commuoveva per queste visioni, combattendo gli stereotipi, le rime facili, i mielosi sentimentalismi. In quello stesso disco era presente anche Povera patria, la più struggente elegia cantata in Italia di fronte allo scempio della bellezza e della dignità umana. Un pezzo da ascoltare sempre, come una salutare prescrizione medica, come un compito da assolvere nelle scuole.
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